Nel nuovo libro di Michele Furci dal titolo “I Vasai di Calabria Dalle fornaci antiche al Caolino di Gerocarne, Adhoc Edizioni di Vibo Valentia, emerge un mestiere, quello dei vasai calabresi e in particolare dei gerocarnesi, che nasce proprio per le sue ricche quantità di materiali argillose e per essere stato introdotto come arte dagli abitatori nell’antichità. Esse furono ben sfruttate con raffinate tecniche primordiali e si svilupparono nell’Alto Mesima sin dall’insediamento dei primi abitanti intorno al VI-IX secolo. Anche nel terzo millennio, sostiene l’autore nell’introduzione, grazie allo sviluppo tecnologico e alla scoperta della parte organica contenuta nell’argilla, la civiltà dei consumi potrebbe utilizzare la creta nella sua dimensione plurima delle sostanze che la compongono. Infatti, in un crescendo di conoscenze vecchie e nuove, dalla creta promanano sostanze e molecole appartenenti al bene comune, utilizzabili come risorse insostituibili per soddisfare bisogni necessari all’intera umanità. Il libro contiene la ricostruzione del profilo storico delle antiche fornaci e delle cave di argilla in Calabria, come base sostanziale per affrontare poi nel successivo capitolo in particolare la realtà delle Cave e delle fornaci dell’intera area alle pendici delle Serre calabresi. La ricostruzione si sofferma sul territorio dell’antica Calabria Ulteriore, ovvero il territorio delle attuali quattro province di Vibo Valentia, Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone, con riferimenti alle importanti tradizioni anche di Nicastro (attuale Lamezia Terme), Cropani, Bisignano, Rende, Rossano, Sangineto, Torano, Villapiana, Gerace, Squillace, Monteleone (Vibo Valentia attuale) e Seminara. Nel terzo capitolo, invece, l’autore evidenzia la natura delle risorse naturali argillose, partendo dalle varietà che si trovano nel pianeta e dalla dimostrata loro utilità, per giungere poi ad affrontare nel capitolo seguente le fasi della lavorazione per come si sono sviluppate nel tempo. Attraverso la ricostruzione storica dei mestieri che si diffusero in tanti paesi calabresi e in modo particolare nella Calabria Ulteriore emerge il profilo dello sviluppo produttivo del settore e l’arte dei tanti artigiani della creta, che per secoli crebbero come numero di occupati un po’ d’ovunque nella regione. Attraverso questo profilo si giunge a descrivere anche la qualità e i luoghi dei giacimenti naturali di argilla posseduti da tantissimi paesi. Affrontando nel capitolo VI le specificità tuttora esistenti in Calabria, l’autore specifica in particolare le qualità chimiche del caolino di Gerocarne. Una qualità ben sfruttata in un recente passato, tanto che ha dato modo allo stabilimento di macinazione costruito a Porto Salvo di Vibo Valentia di svolgere per decenni un’importantissima attività di raffinazione, la cui sostanza finissima poi veniva lavorata dalla Pozzi Ginori per la produzione di manufatti di un’estetica particolare in ceramica. Infatti, nello stabilimento di Porto Salvo confluivano i terricci di minerali contenenti feldspati e quarzi dalle cave di Ciano di Gerocarne, di Gabrielli di Parghelia, di Palombaro di Dinami e di Serra San Bruno, siti esistenti nella provincia vibonese. Con l’utilizzazione produttiva dei beni naturali calabresi, la fabbrica vibonese produceva quindi minerali industriali, che poi venivano commercializzati nell’industria ceramica delle piastrelle gres, nell’industria delle porcellane per sanitari e nella stoviglieria di tante fabbriche nazionali. Nel VII capitolo perciò si evidenzia la qualità del Caolino e le proprietà dell’argilla nelle cure terapeutiche. Tra le tante diversità, nel libro si evidenziano quelle più appariscenti per la loro naturale applicazione in virtù delle sostanze chimiche possedute: alcalinizzante, giacché contiene tanti elementi acidi che rendono l’organismo alcalino; antisettica o antibatterica, poiché la sua composizione può essere sterile e in grado di contrastare l’aggressione del corpo umano dai batteri senza arrecare alcun danno all’organismo e senza impedire la rigenerazione delle cellule. Il libro prosegue poi con il capitolo VIII, nel quale ci si sofferma sulle caratteristiche più conosciute dell’utilizzazione della creta che riguardano il tradizionale laboratorio del vasaio. In esso si descrive quindi la grande funzione del tornio e le caratteristiche delle fornaci per come si sono sviluppate sin dai tempi remotissimi. Rilevante diviene pertanto l’evidenziazione dell’esperienza che sopravvive ancora nel Borgo dei Vasai di Gerocarne, dalla cui secolare esperienza può rilanciarsi l’intero settore produttivo di un tempo. Si tratta di un settore economico che ora, anche in versione moderna, può ritornare ad essere un volano per l’industria dell’argilla in Calabria. In virtù della tanta mole di notizie, attraverso una serie di sotto capitoli si evidenziano anche con una opportuna iconografia i manufatti che si sono prodotti con l’uso dell’argilla nell’edilizia, per costruire i numerosissimi utensili da cucina e per le conserve alimentari. Emergono in tal modo le storiche giare per contenere liquidi, le brocche e le cannate anche come unità di misura, gli oggetti per il risparmio e il passatempo, l’oggettistica per ornamentali interni ed esterni alle abitazioni, le maschere apotropaiche in particolare di Seminara e l’intera casistica dei vasi anche di grande pregio artistico che per lungo tempo le popolazioni hanno utilizzato in assenza dei moderni servizi igienici. Il libro continua poi con il Capitolo X che tratta degli storici attrezzi di lavoro nell’evoluzione dell’arte dei Vasai. Un intero capitolo affronta poi l’importanza delle fiere, che l’autore le descrive come occasioni propizie per il commercio dei prodotti dei vasai e perciò ricostruisce con un ampio profilo storico la realtà religiosa delle fiere più importanti della Calabria. Seguono ancora i capitoli che descrivono le attività e il lavoro umano che si è sviluppato intorno alle fornaci, partendo dalla tipicità dell’esperienza di Gerocarne e delle varie figure professionali: si descrive quindi la figura professionale del fornaciaio, quella dello smaltatore e delle altre importanti mansioni delle lavoratrici che portavano alle fornaci oltre la materia prima anche la legna e le fascine per alimentarle. Il volume, corposo di 248 pagine, si chiude con il capitolo XIII, dove l’autore tratta opportunamente del profilo della nuova legislazione riguardante l’impatto ambientale e la sicurezza sul lavoro per un’industria della creta a Gerocarne e in Calabria in versione moderna ed avanzata.
Michele Furci- storico e scrittore