di Giovanna De Sensi Sestito
1. Premessa.
Nell’ancora breve storia del XXI secolo l’anno in corso, il 2020, sarà ricordato come l’«annus horribilis» della pandemia mondiale da Covid 19, dell’adozione di dolorose misure di contrasto alla sua diffusione, di provvedimenti eccezionali e restrittivi della libertà personale nel tentativo di mitigarne gli effetti devastanti sul tessuto sociale ed economico dei vari stati, ma anche come l’anno della moltiplicazione di ricerche congiunte da un capo all’altro del mondo per scoprire terapie efficaci e vaccini possibili, sotto la regia dell’organizzazione mondiale della sanità, dell’obbligato riconoscimento dell’interdipendenza globale e della riscoperta necessità di una forte e decisa risposta comune ai problemi globali (difesa dell’ambiente, riscaldamento globale, inquinamento, povertà, migrazioni di massa ecc.).
È fuor di dubbio che ci troviamo di fronte ad un evento storico di portata epocale, di quelli che possono essere considerati tali in quanto capaci di sconvolgere gli assetti esistenti e di innescare esiti imprevedibili i cui effetti si misurano nel tempo. Non sappiamo ancora quanto durerà, quando potremo dire di essercela messa alle spalle, quanto ci lascerà segnati da una minaccia globale, sperimentata per la prima volta e dalla consapevolezza di altre, latenti, minacce analoghe capaci di coinvolgere tutta la popolazione del pianeta. Non sappiamo ancora se e quanto ne usciranno rafforzate le politiche sovranazionali di difesa comune dell’economia, dell’ambiente, della popolazione mondiale, o se piuttosto si aprirà la strada ad ancor più forti polarizzazioni e diseguaglianze economiche, contrapposizioni ideologiche e quant’altro.
In questo anno 2020 ricorrono 2500 anni da quel 480 a.C., che segnò per la Grecia uno spartiacque, nulla sarebbe più stato come prima. In quell’anno la Grecia si trovò ad affrontare un evento epocale che avrebbe deciso il suo annientamento o la sua sopravvivenza. Un evento che sancì l’appartenenza dell’Europa all’Occidente e pose allora le basi dell’Europa di oggi.
2. L’evento storico
L’onda d’urto della potenza persiana protesa a creare un impero universale, che sotto Ciro il Grande e sotto il figlio Cambise aveva travolto regni e città dell’Occidente asiatico e del Mediterraneo orientale inglobando Babilonesi, Lidi, Greci d’Asia minore, Fenici, Ebrei e l’Egitto dei Faraoni, premeva ormai minacciosa sul confine dell’Europa. Il re Dario aveva spento la velleitaria rivolta degli Ioni che s’erano proclamati indipendenti con la distruzione di Mileto (499-494 a. C.) e la sua spedizione punitiva contro le due sole città greche che avevano osato portare aiuto ai compatrioti, Eretria ed Atene, era riuscita solo contro la prima, perché a Maratona gli Ateniesi avevano eroicamente respinto l’attacco persiano (490 a.C.). La morte (484 a.C.) aveva impedito a Dario di sferrare un secondo e più potente attacco contro tutti i Greci, ma s’era incaricato di portarne a termine il disegno il figlio Serse: aveva radunato centinaia di migliaia di truppe e navi in Asia Minore per invadere la Grecia e aveva fatto costruire sul Bosforo due ponti di barche per consentire il passaggio dell’immenso esercito in Europa. Nel giugno del 480 a.C. l’esercito persiano attraversava l’Ellesponto e la flotta veleggiava verso il porto di Terme in Macedonia, il cui re, Alessandro I, s’era affrettato a fare atto di sottomissione al Gran Re.
Di fronte al pericolo incombente, diversi popoli greci, sospeso ogni conflitto in corso tra loro e all’interno delle varie città, si erano già riuniti sull’Istmo di Corinto per predisporre una difesa comune sotto il comando di Sparta e di Atene.
Pochi erano i passaggi abbastanza stretti per poter sbarrare la strada ad un esercito tanto numeroso. La scelta di tentare una linea di difesa alle Termopili abbandonò nelle braccia del Persiano i popoli della Grecia settentrionale, Tessali e Beoti. L’eroica e tragica resistenza di Leonida e dei 400 spartani alle Termopili alla fine di luglio non risparmiò ad Atene la furia distruttiva di Serse, ma le diede il tempo di evacuare la popolazione e metterla in salvo nell’isoletta di Salamina.
L’intuizione di Temistocle di provocare la battaglia navale negli spazi ristretti tra l’isola e l’Attica, fu un capolavoro di lungimiranza strategica e di capacità di persuasione da lui esercitata sui comandanti spartani: davanti a Salamina l’agile flotta degli Ateniesi e degli altri greci potette intrappolare e distruggere gran parte della sovrastante flotta del re persiano e costringere alla fuga il resto delle navi e lo stesso Serse. L’anno seguente ci sarebbe stata anche la vittoria campale a Platea e altri successi navali nelle acque dell’Egeo sarebbero venuti dopo, ma fu la vittoria di Salamina a cambiare il corso degli eventi e a determinare l’esito della guerra.
3. Le sue conseguenze
Atene, coi campi devastati e la città distrutta, ne usciva vittoriosa e consapevole che si sarebbe giocato il suo futuro sul mare, contendendo l’Egeo ai Persiani e facendosi campione della libertà di isole e città greche dell’Asia Minore, creando allo scopo la prima grande lega navale.
Ne usciva vittorioso nel suo complesso il fronte ellenico, che nell’unione sperimentata nella difesa comune delle patrie, delle case, dei templi degli dei, della propria civiltà e cultura, aveva riscattato la libertà di tutti, anche di quelli che s’erano consegnati al Persiano, e aveva finalmente trovato più forti e profonde ragioni di identità comune, del sentirsi e chiamarsi tutti «Hellenes», appartenenti a varie stirpi e a un migliaio di città, ma tutti orgogliosamente «Greci» contrapposti agli altri che ‘balbettavano’ altre lingue, e dunque «Barbari».
Ne usciva vittoriosa e libera l’Europa, che il Re persiano aveva pensato di poter sottomettere e aveva provato ad aggiogare all’Asia con ponti di barche, commettendo agli occhi dei Greci un sacrilegio punito dagli dei, come ci ricordano “I Persiani” di Eschilo. Da allora in poi la Persia avrebbe tentato di ripristinare il proprio controllo almeno sulle coste dell’Asia Minore alimentando con le sue ricchezze le divisioni tra i Greci fino a quando, 150 anni dopo, Alessandro Magno non si incaricò di abbattere quanto restava della potenza persiana e di estendere la cultura ellenica fin quasi all’Indo.
Della supremazia allora acquisita dai Greci sull’Oriente si sarebbe fatta erede per molti secoli Roma.
4. Attualità del messaggio nell’Italia e nell’Europa di oggi
Merita sottolineare che l’Occidente, con la sua civiltà, la sua storia, i suoi valori irrinunciabili, ha la sua prima radice in quella vittoria di Salamina, che ha ancora qualcosa da rammentare agli Europei e agli Italiani di oggi.
Di fronte a una minaccia comune, la prima cosa da riscoprire è la propria identità, che contiene in sé le ragioni dell’unità. C’è voluta la pandemia che sembrava accanirsi contro le nostre regioni più dinamiche e produttive per assistere a quella esplosione di «italianità» di cui ci siamo sentiti tutti partecipi, da un capo all’altro del paese, nei mesi della chiusura totale o «lockdown»: accantonati d’incanto i particolarismi regionali, abbiamo sperimentato il valore patriottico dell’Inno d’Italia e della bandiera tricolore, con tutt’altra intensità e partecipazione corale che per qualsiasi altra occasione, da una partita della Nazionale di calcio ai volteggi delle Frecce tricolori. E dell’identità italiana abbiamo riscoperto il valore attraverso i tanti video sulle straordinarie risorse naturali e culturali e sulle eccellenze italiane che in forma virale hanno intasato la rete e alimentato un orgoglio nazionale che continua ancora a scaldarci il cuore.
Di fronte alla minaccia comune, anche l’Unione Europea sembra aver riscoperto le ragioni nobili e ideali di unità dei padri fondatori, a lato se non proprio fuori dalle logiche economicistiche, nella solidarietà comune, nella condivisione dei problemi e dei rischi, nel sostegno dei paesi in maggiore difficoltà, nella collaborazione scientifica solidale nella ricerca di un vaccino da rendere disponibile per tutti ecc. Nel vincolare la destinazione delle ingenti risorse messe a disposizione dei vari paesi, Italia in primis, sta mostrando lungimiranza strategica a sostegno della ripresa economica, della formazione delle nuove generazioni, dell’innovazione tecnologica e della difesa ambientale, della difesa della libertà e del valore della democrazia contro gli assolutismi e gli egoismi nazionalistici.
Di analoga lungimiranza strategica ha bisogno l’Italia per trasformare, come fece l’Atene distrutta ma vittoriosa a Salamina, per trasformare un pericolo estremo e una rovina materiale in una straordinaria opportunità per rinsaldare le ragioni dell’unità nazionale ed europea, allargare gli spazi della democrazia, rilanciare su nuove basi l’economia, potenziare il suo sistema di formazione, dalla scuola all’università e alla ricerca, che ha perduto colpi per scimmiottare sistemi stranieri ma resta uno dei migliori sistemi nel mondo, come dimostrano i tantissimi giovani professionisti e scienziati italiani che hanno cercato la loro strada nei vari stati del pianeta.
C’è solo da auspicare che la ragion d’essere dell’Occidente, coi suoi valori e la sua tradizione plurimillenaria, resa possibile dalla vittoria di Salamina, esca rinnovata e rafforzata da questa pandemia e che il 2020 sia ricordato in futuro come l’anno della svolta verso un ordine mondiale più equo, più solidale, più rispettoso dell’ambiente e delle popolazioni mondiali: ne va della sua stessa sopravvivenza.