Il giovane Presidente Nazionale delle Acli sembra abbia trovato i due punti chiave e definito il percorso attraverso cui gli aclisti italiani debbano ritrovarsi per rilanciare l’azione di promozione sociale di cui, tra l’altro, la società italiana ha oltremodo bisogno: inclusione e lavoro. Molto interessante l’analisi del presidente Emiliano Manfredonia.


«Caro direttore,

la lettera apostolica Patris corde, con cuore di padre, che papa Francesco ha emanato l’8 dicembre scorso in concomitanza con l’indizione dell’Anno santo dedicato a san Giuseppe, ci fornisce anche le coordinate per meglio orientarci in questa prospettiva. Vorrei sottolineare in particolare due aspetti della paternità di Giuseppe così come delineati dal Papa: la paternità nell’accoglienza e quella nel lavoro.

Giuseppe ‘accoglie’ un Figlio non suo, e lo fa perché si fida di Dio: in ciò sta la sua grandezza. Ma qui, oggi, per noi, questo che cosa significa? Il Papa ci dice che «Accogliere così la vita ci introduce a un significato nascosto. La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo. E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e alcune cose sono ormai irreversibili (…). La realtà, nella sua misteriosa irriducibilità e complessità, è portatrice di un senso dell’esistenza con le sue luci e le sue ombre».

È quello che tentiamo faticosamente di fare anche noi, come Acli, nella nostra quotidianità, sapendo che ‘accogliere’ al di fuori di una facile retorica, significa prendere sul serio i problemi di quell’umanità complessa che incontriamo ogni giorno, che ci chiede aiuto su questioni sostanziali, a cui offriamo risposta non solo in termini assistenziali ma anche educativi e sociali, dando carne e sangue alla nostra ispirazione profondamente radicata nel messaggio evangelico e nell’insegnamento sociale della Chiesa. In fondo, il fatto che fin dall’inizio della nostra vicenda storica, l’annuale giornata dell’assistenza sociale, incentrata sul nostro servizio più tipico e longevo, il Patronato, fosse fissata al 19 marzo non era solo un richiamo identitario, ma in qualche modo l’intuizione di come questo segnale umile di accoglienza rispetto ai problemi altrui fosse spesso risolutivo di rilevanti questioni di vita delle persone che si rivolgevano alle nostre sedi.»….

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